La mercificazione di una città
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La mercificazione di una città

MARIA CRISTINA TREU • GIÀ professore di urbanistica al politecnico di milano

Milano ha una storia scandita da più di una difficoltà nel riconoscersi in un piano di governo urbanistico. È infatti una città interessata da sempre da numerosi e contrastanti interessi. Questo avviene nonostante la presenza di grandi istituzioni con finalità sociali. Ricordare tre momenti di un passato non così lontano ci aiutano a capire come si è arrivati alla situazione in cui è stato confezionato il DL Salva Milano.

1. Negli anni ‘60 il periodico Relazioni Sociali pubblicò un numero speciale dal titolo “Milano vendesi”. Il sottotitolo era “Vent’anni di malgoverno urbanistico della città”. Documentò l’erosione del Piano regolatore del ’53 e le disfunzioni urbane accumulate dal rito ambrosiano delle licenze in precario e degli interventi in variante alle destinazioni d’uso anche pubbliche.

Il nuovo piano appena redatto fu denominato il piano fantasma del ’63. Il sindaco, Pietro Bucalossi, ricorse, in occasione della costruzione della MM1, a un contributo di miglioria. I proprietari di beni situati nella fascia di 500 ml lungo i due fronti del percorso della MMI, avrebbero partecipato in percentuale sull’incremento del valore dei rispettivi beni. La grande condivisione del contributo fu senza dubbio la testimonianza di notevole senso civico. 

2. Nel ’69, Milano approvò anche un piano di edilizia residenziale pubblica. Il piano ERP dell’assessore Velluto che interessò anche immobili del centro storico. Solo nel ’78 si dota di una Variante Generale del piano urbanistico. Ha l’obiettivo di arginare la diffusione del terziario, più redditizio della residenza, nelle aree centrali della città fino ai comuni contermini. Sono gli anni del decentramento produttivo e del censimento sulle aree industriali dismesse redatto nel 1982.

Le opportunità offerte dal passante ferroviario

D’altro canto, in occasione delle opportunità offerte dal Passante ferroviario vengono avviati i grandi progetti di riqualificazione del tessuto urbano. Coinvolgono le zone attorno alla stazione Garibaldi. Riguardano anche il polo fieristico in continuità con quello esistente, il progetto di City life e quello di Porta Vittoria. Questo viene poi interrotto. In seguito interessano anche le nuove sedi universitarie, dal Politecnico in Bovisa all’università Statale in Bicocca, nell’ex area produttiva della Pirelli. Un progetto quest’ultimo che influirà sul tracciato della MM4. Vedrà la realizzazione, in quota oneri urbanistici, del Teatro degli Arcimboldi. Questo sostituì il Teatro della Scala nel periodo della sua ristrutturazione. 

3. Con il Documento Milano 2000, si fa strada l’obiettivo di entrare nell’arena delle grandi capitali mondiali. È la rete delle 40 città globali. Viene ufficializzata la concertazione pubblico privato che avvia la valorizzazione di immobili centrali. Sono, per esempio, quelli su piazza Cordusio. Riguarda anche le aree di grandi proprietà come quelle dell’Expo 2015 e la valorizzazione degli scali ferroviari, con i concorsi su aree che pensavamo pubbliche. Si arriva fino alla vicenda della demolizione del Meazza, oggi accessibile con il servizio MM e forse superata, per realizzare un nuovo stadio e altri volumi a compensazione dell’investimento privato. 

La nuova narrazione di Milano, non più città industriale

È la conferma di una nuova narrazione di Milano. Non è più la grigia città industriale e del terziario tradizionale. È una città attrattiva da raggiungere in occasione di grandi eventi. Viene ammirata per le sue costruzioni spettacolari e per i grandi spazi aperti attrezzati per consumo d’élite. In un quadro di grande debolezza della politica non solo urbana, la città è alla ricerca di un suo posizionamento nella competizione globale. Avvia anche una procedura per le ristrutturazione di edifici non più utilizzati. Nasce la tendenza a costruire su ogni fazzoletto di suolo libero. Questo può avvenire anche in un cortile.

A tal fine sono sommati, in altezza, i benefit riconosciuti alle costruzioni ambientali e i diritti edificatori di una perequazione urbanistica che non ha pensato dove farli atterrare. Viceversa, i promotori finanziari cercano di concentrarli su aree già urbanizzate. Sfruttano la rendita di posizione con una procedura più snella. Le politiche urbane e la contrattazione pubblico-privato si trovano ad agire in un mercato sempre più competitivo e globalizzato.  

Gli urbanisti contro le distorsioni del mercato

Ma allora qual è il motivo che ha spinto molti cittadini, tra cui anche molti urbanisti, a prendere posizione contro le distorsioni di un mercato edilizio urbano? Le cause sono attribuite a politiche liberistiche ma anche alla debolezza di una più generale politica di sviluppo urbano e dei progetti di riqualificazione urbanistica.

A questo proposito dobbiamo, innanzitutto, rifarci alla disattenzione che ha accompagnato le politiche di Regione Lombardia. Si individuano tra queste le politiche paesaggistiche e ambientali di area vasta, fin dai tempi dei diversi livelli intermedi tra Regione e Comuni, e le abitazioni pubbliche. La gestione ALER ha più di 20.000 alloggi inutilizzabili e inutilizzati. La convinzione è una maggiore centralità del singolo Comune nelle scelte di sviluppo.

Nel 2005, mentre da tempo molte proposte di modifica della legge Urbanistica Nazionale n. 1150 del 1942 si accumulavano in Parlamento, la Regione Lombardia adotta la nuova legge regionale n. 12. Sostituisce la sua legge urbanistica del 1975 ma restano alcuni punti irrisolti. Non è previsto il riconoscimento della valenza giuridica del piano urbanistico di area vasta. È sottovalutata la programmazione delle infrastrutture come quelle della viabilità su gomma.

La Regione Lombardia e i punti irrisolti

Ha subito da allora a oggi più di venti modifiche compresa la non obbligatorietà dell’applicazione D.L. 1444 sugli standard dei servizi urbani. Inoltre mentre il Comune di Milano individuava dei limiti temporali entro i quali i privati avrebbero dovuto riqualificare le proprie proprietà, trascorsi i quali il Comune avrebbe proceduto a mettere all’asta la ristrutturazione delle immobili dismessi riconoscendo agli assegnatari una riduzione dei costi d’affitto per un certo numero di anni, la Regione assegnava a quegli stessi proprietari un forte aumento di volumetria per incentivarne la ristrutturazione unitamente alla velocizzazione delle procedure autorizzative. 

Ma, oggi, siamo di fronte ad autorizzazioni di interventi di ristrutturazione autorizzate, in forza di una circolare ministeriale, con una segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA). Questo comporta una scontistica degli oneri urbanistici quando ristrutturazioni non sono. Trattasi infatti di demolizioni. Per esempio un edifico ex industriale di circa due piani può essere sostituito con uno multipiano di circa 85 ml, destinato a funzioni residenziali terziarie. Come in altri casi già attuati e previsti, dobbiamo parlare di rigenerazione urbana. È un processo che non può avvenire senza una verifica della modifica del carico insediativo e del tipo di funzioni cui è destinata.

Edificio Carbonari angolo Stresa
Edificio piazza Carbonari angolo via Stresa © urbanfile

L’intervento della magistratura

È in questo senso che si è mossa la magistratura, anche in forza delle sentenze della Corte Costituzionale. Non riconosce alla Regione Lombardia la possibilità di evitare la verifica dei servizi di cui al Decreto attuativo n. 1444/68 in attuazione della Ponte del 1967. Da qui l’impossibilità di usare una semplice SCIA per ristrutturazioni del tipo già esemplificato. C’è anche il rischio certo di ricorsi avversi al Comune. Questo può avvenire per una acclarata difformità di trattamenti precedenti da parte di altri cittadini.

D’altro canto, l’abnorme rialzo generalizzato dei costi delle abitazioni in acquisto e in affitto sta obbligando molti cittadini ad allontanarsi dalla città. Sono soprattutto anziani e giovani che non hanno la fortuna di avere un aiuto dalla famiglia. Sono sostituiti da una popolazione che usa la città per brevi periodi e che non darà problemi di alloggio. Troppe abitazioni private sono destinate ad affitti brevi. Molti alloggi pubblici rimangono come già detto inutilizzati. Sono in attesa di qualche fondo di investimento. Questi dovrebbero procedere alla ristrutturazione e alla messa in vendita pur rispettando una percentuale di Housing Sociale che comunque comporti la formula dell’acquisto.

Milano, una città globale come tante

In sintesi rischiamo di avere una città di fast food e di cittadini short time. Questo farà di Milano una città assimilabile a tante altre città globali. Sarà privata di ogni sua specificità e di ogni seduzione di un luogo. L’ambiente non è solo una questione del rispetto di alcuni di indici. Il paesaggio non è solo una questione estetica. La città è un testo che ci racconta di una stratificazione di storie, di presenze e di relazioni sociali. 

È così che è nata l’opposizione al DL Salva Milano oggi in discussione in Parlamento. Infatti, invece di suggerire al Comune di adottare una sanatoria ristretta a pochi casi e di riproporre a tutti gli altri casi una procedura di verifica degli standard dei servizi e degli oneri di urbanizzazione si finisce per avvallare una interpretazione di ristrutturazione nefasta. Potrà essere estesa all’intero paese: anche se in attesa di una più generale nuova legge urbanistica nazionale.

Il modello Lombardia, un esempio da seguire?

Gli art. 3 e 4 del Dl in via di approvazione si fermano per ogni intervento di ristrutturazione/demolizione/ricostruzione alla raccomandazione di verificare l’adeguatezza delle infrastrutture e dei servizi così come indicato dalle leggi urbanistiche di ogni regione sempre che non ci sia una generale adesione al “modello Lombardia”. Inoltre dobbiamo domandarci come si vivrà nelle nostre città una volta innescato il processo di sostituzione dei cittadini a reddito medio basso con una popolazione a più alto reddito che vive spostandosi tra piani alti di più città attratta dalla possibilità di coniugare il proprio lavoro con un costoso consumo turistico/culturale.  

Si veda l’esperienza di molte città. La stessa Torino ha cercato di modificare la propria immagine con l’organizzazione, riuscitissima delle Olimpiadi Bianche. Alla fine si è trovata con un bilancio in crisi. Vive ricorrendo a grandi eventi e altre iniziative anche se di alto profilo culturale come il Museo Egizio e il Salone del libro.