Fisco costruito per non funzionare
MARCO LEONARDI – LEONZIO RIZZO
La bandiera del governo sul fisco è il concordato preventivo biennale per i lavoratori autonomi. L’idea è di ridurre l’evasione del reddito da lavoro autonomo convincendo i contribuenti a dichiarare più di quanto dichiarano oggi, il 67,2%, in cambio della promessa di ridurre i controlli. Il 14 giugno è stato pubblicato il decreto che descrive la metodologia di implementazione del concordato preventivo. Per come è stato congegnato rischia di essere un flop con meno del 10% degli aventi diritto che vi accedono.
Il concordato è una “proposta” di contribuzione fiscale che l’agenzia delle entrate farebbe a una platea potenziale di 1,8 milioni di forfettari e a oltre 2,7 milioni di contribuenti soggetti a ISA, gli indici sintetici da 0 a 10 che definiscono sulla base di diverse caratteristiche quanto la dichiarazione di un contribuente sia “affidabile” o no. I contribuenti interessati possono accettare la proposta dell’agenzia, o no.
Aprire il concordato ai forfettari è un non senso che avrà solo l’effetto di rallentare l’amministrazione fiscale. I forfettari hanno già una agevolazione molto rilevante. Pagano il 15% sul reddito, non pagano IVA, né Irap, né addizionali locali. Se pur in questa condizione agevolata non dichiarano il dovuto. Non si vede perché debbano decidere di aderire ad un concordato. Inoltre, nel caso dei forfettari, sarebbe estremamente problematico formulare le proposte. Lo stesso concetto di “forfeit” significa che non forniscono nessuna informazione all’agenzia dell’entrate.
Una buona idea per i contribuenti ISA
Per i contribuenti ISA è invece una buona idea. In un precedente articolo, quando si paventava che il concordato si potesse risolvere in una richiesta pari a una esigua percentuale in più rispetto a quanto dichiarato l’anno precedente, abbiamo espresso il nostro dissenso. Equivaleva in qualche modo a riconoscere validità a una dichiarazione infedele.
Avevamo proposto di utilizzare gli ISA attualmente a disposizione dell’amministrazione per formulare una proposta di concordato che rendesse giustizia a chi era considerato affidabile, con un ISA superiore a 8. L’idea era quella di chiedere a questo contribuente di dichiarare un reddito corrispondente a quello di un contribuente equivalente in termini di caratteristiche e che avrebbe un ISA almeno pari ad 8.
Il decreto si è spinto oltre. Ha chiesto a tutti contribuenti che aderiscono di dichiarare come se avessero un ISA pari a 10 (ovvero assenza di evasione). L’unico “sollievo” sarebbe dato dalla possibilità di pagare la metà di quanto dovuto in più, nel primo anno del concordato.
Quindi le proposte che verranno fatte sono in effetti molto ambiziose. Si noti per esempio che per i grandi commercianti solo se si volesse arrivare dal reddito medio di coloro che hanno un ISA sotto 8, pari a 19 mila euro, al reddito medio di coloro che hanno un ISA sopra l’8, pari a 61 mila euro, i primi dovrebbero dichiarare più di 40 mila euro in più. Sarebbe il 300% in più di quanto attualmente dichiarano.
Perché dovrebbero, se finora nonostante l’esistenza degli ISA hanno vissuto tranquillamente? Per questa ragione il concordato sarà un flop totale di adesioni. Forse è quello che si vuole. In questo modo il governo può continuare a dire che non disturba i lavoratori autonomi. Non chiede il “pizzo di Stato”.
Controlli rigorosi, è possibile?
L’unica speranza di farlo funzionare è che il governo prometta controlli rigorosi su chi non accetta la proposta di concordato. Ma il nuovo decreto del 14 giugno, non fa alcun accenno al legame tra i controlli e il concordato preventivo. Solo all’articolo 34 del decreto del 12 febbraio si dice genericamente di volere impiegare “maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono.” Nel 2022 i controlli su imprese e autonomi sono stati circa 208 mila (56% del totale), di cui meno della metà hanno riguardato autonomi e piccole imprese, ovvero circa il 5% di coloro i quali hanno obbligo di compilazione ISA.
Si noti che circa 164 mila (44% del totale) controlli hanno riguardato i lavoratori dipendenti. Il rischio di evasione è di fatto inesistente. Anche se si spostassero tutti i controlli sui soli lavoratori autonomi – e non potrebbe mai succedere – non basterebbero per controllare che una frazione dei contribuenti ISA. Ma poi è ovvio che di fronte a una proposta di dichiarazione che corrisponde a un ISA di 10 e a un aumento del dichiarato del 300%, le probabilità di rifiuto sono altissime. Il numero di quelli che dovrebbero essere controllati sarebbe altissimo. Se poi ci aggiungiamo tutti i forfettari, il numero dei controlli sarebbe ingestibile per qualunque amministrazione. Insomma sembra tutto costruito per non farlo funzionare.
Pubblicato su Il Foglio il 23.06.2024