Rating di legalità per le imprese
DAVID GENTILI • COMPONENTE COMITATO ANTIMAFIA DEL COMUNE DI MILANO
Il Rating di legalità è gestito dall’autorità garante della concorrenza di mercato (AGCM). Resta ancora drammaticamente legato alla figura di Antonello Montante. Non per questo è poco incisivo. Anzi, rimane estremamente efficace e troppo poco usato dalle stazioni appaltanti pubbliche. Soprattutto dai comuni.
Il regolamento attuativo è estremamente complesso. Il primo scalino che propone alle aziende che ambiscono poterlo esibire è già piuttosto alto. Si richiede che le figure apicali, anche di società controllanti e anche la cui carica è cessata nell’anno precedente la richiesta di rating, non abbiano applicata nessuna misura di prevenzione personale e/o patrimoniale. Non devono avere sul groppone alcuna sentenza di condanna su tanti e diversi reati di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
• mafia riciclaggio;
• estorsione;
• usura;
• corruzione;
• concussione;
• indebita induzione;
• peculato;
• delitti informatici;
• pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
• riduzione in schiavitù;
• insider trading;
• aggiotaggio;
• reati ambientali e tributari;
• razzismo;
• intestazione fittizia di beni.
Il Rating non accetta il patteggiamento
E fin qui direi giusto. I reati rimangono ostativi anche se vi è stata l’applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale. È il caso del patteggiamento. Viene così dribblato quanto deciso con la Riforma Cartabia della giustizia. La sentenza di patteggiamento diventa irrilevante ai fini probatori dinanzi a ogni organo giurisdizionale, incluse le autorità (quali gli ordini professionali). Il Rating non accetta il patteggiamento. Non ottiene il rating chi risulta aver utilizzato questa “scorciatoia”!
Non lo ottiene neanche l’azienda in cui per uno dei vertici è stata iniziata l’azione penale ai sensi dell’articolo 405 c.p.p. per delitti aggravati ai sensi dell’articolo 416 bis.1 c.p., l’aggravante del metodo mafioso, o chi ha compiuto un reato favorendo un gruppo criminale mafioso.
L’azienda non deve essere destinataria di provvedimenti di condanna dell’Autorità antitrust, dell’Autorità per pratiche commerciali scorrette, dell’Autorità competente per l’accertamento del mancato rispetto all’obbligo di pagamento di imposte e tasse e di accertamento di violazioni in materia di obblighi retributivi, contributivi e assicurativi e di obblighi relativi alle ritenute fiscali.
Come aumentare il numero di stelle
Una volta ottenuta una stella, superato il primo scalino, si può migliorare il proprio standing/ranking. Si possono ottenere dei + a seconda del numero di protocolli previsti dal Ministero dell’Interno sottoscritti, se si appartiene alle White List o meno, o se si utilizzano sistemi di tracciabilità dei pagamenti anche per somme di importi inferiori rispetto a quelli fissati dalla legge, oppure ancora se si adottano processi organizzativi volti a garantire forme di Corporate Social Responsibility.
Non è però banale ricordare che ci sono protocolli e protocolli e che forse potrebbero essere classificati anche per l’efficacia e la tipologia di richieste presenti. E inoltre, possiamo anche dirci che l’appartenenza alle White List, per alcune categorie di lavori, dovrebbe essere anch’essa precondizione per ottenere il Rating. Questa lista pubblica, stilata dalle Prefetture, indica le società libere da tentativi di infiltrazione mafiosa. È una certificazione antimafia estremamente approfondita. Si potrebbe verificare che una società che si occupa di rifiuti non chieda di entrare in White List per non avere problemi con la Prefettura di competenza e abbia, invece, due stelle di rating. Quanto meno discutibile.
I dati, inseriti nella relazione annuale dell’AGCM, pubblicata il 31 marzo 2025, ci dicono che nel 2024 si è registrata una crescita secca del numero di istanze di attribuzione/rinnovo/incremento del rating. I formulari pervenuti nel 2024 (9.094) rappresentano il 39% in più rispetto al 2022.
Le buone prassi di alcune regioni
Dopo che l’art. 37 del d.lgs. 209/2024 ha abrogato l’art. 109 del Codice dei contratti pubblici che istituiva presso l’ANAC un sistema di monitoraggio della “reputazione d’impresa”, il rating di legalità è rimasto il principale misuratore della compliance dell’impresa di cui le stazioni appaltanti possono disporre tra i criteri di valutazione degli offerenti.
Per esempio, la Regione Lazio prevede dal 2022 che, nella definizione dei criteri di valutazione dell’offerta e in relazione alle caratteristiche dell’appalto, fra gli elementi premiali previsti per la valutazione degli operatori economici si consideri il punteggio conseguito nel rating di legalità. Caso abbastanza unico.
Si potrebbe usare questa “Buona prassi” con maggiore frequenza nelle concessioni, per esempio, obbligando il contraente a valorizzarlo. Si potrebbe anche, come per la Regione Campania, promuovere il rating anche nei procedimenti di competenza dei propri enti strumentali, agenzie e società partecipate.
Penso ci sia ancora molto da fare. La fantasia e l’innovazione, nella tutela del mercato sono due ingredienti fondamentali.
Pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 08.05.2025