Le spese 110% del 2023
MARCO LEONARDI – LEONZIO RIZZO
Il governo diceva di aver bloccato il superbonus nel marzo 2023. Poi ha dovuto fare un nuovo decreto nel marzo 2024. È evidente che con una mano bloccava il superbonus e con l’altra concedeva deroghe. Per i condomini le maglie sono rimaste aperte, per di più senza limiti di reddito. Ciò ha generato una rincorsa a presentare la dichiarazione di chiusura lavori entro fine 2023. Tra l’altro su queste chiusure lavori aleggiano molti dubbi. Come è possibile che un aumento di 40 miliardi di deficit tra settembre e dicembre non si veda nel PIL?
È stato necessario un decreto alla fine di marzo 2024 per fermare l’emorragia dei conti pubblici dovuta al superbonus. Eppure, un decreto questo governo lo aveva già fatto esattamente un anno prima, il 16 febbraio 2023. L’idea di fondo in entrambi è che bisognava bloccare la possibilità di cedere il credito di imposta acquisito con l’esecuzione dei lavori che rientrano nel superbonus.
Il nuovo intervento del governo
Come mai a distanza di quasi un anno il governo è dovuto intervenire dopo un provvedimento che sembrava aver risolto tutto? Il decreto dello scorso anno, poi convertito in legge, conteneva varie eccezioni. Quella più rilevante in termini di finanza pubblica era relativa al fatto che il divieto di cessione non riguardava le abitazioni che avevano presentato la Cila (comunicazione di inizio lavori asseverata) prima della data di entrata in vigore del decreto (febbraio 2023).
Inoltre, era stata lasciata in piedi la regola per cui ai condomini era concesso di accedere alla detrazione del 110 per cento, nel caso in cui la Cila fosse stata presentata prima del 31 dicembre 2022. Non erano previsti vincoli di reddito per i singoli beneficiari e limiti per le seconde residenze.
Le cifre in gioco
Per avere un’idea delle cifre in gioco, si tenga conto che le abitazioni in condominio in Italia sono il 70% del totale. Le seconde case sono più del 26%. Per le case unifamiliari il 110 era invece riconosciuto solo per chi aveva effettuato lavori pari al 30% del totale entro il 30 settembre 2022. Vi era anche un limite di reddito.
Il blocco del decreto di inizio 2023 era molto blando per i condomini. Praticamente tutta la spesa del 2023 riguarda i condomini. Dai dati Enea, le detrazioni maturate per il Super Ecobonus 110% nel maggio 2023 risultavano essere 68 miliardi. Era l’ultimo mese in cui poteva essere presentata la chiusura di lavori terminati in febbraio.
Tuttavia, a marzo 2024 si arriva a 122 miliardi. Vi è quindi da maggio 2023 un incremento di 54 miliardi. Di questi ultimi, quasi 49 sono dovuti a edifici condominiali. Il limite di reddito vigente per le case unifamiliari ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale. Serve a garantire che la deroga all’utilizzo per la cessione del credito per coloro che avevano presentato la Cila prima di febbraio non causi una successiva esplosione dei conti. È invece avvenuto così per i condomini.
Blocchi e deroghe del governo
È evidente che il governo con una mano bloccava il superbonus e con l’altra concedeva deroghe per non scontentare gli elettori. Per i condomini le maglie sono rimaste aperte, per di più senza limiti di reddito. Ciò ha generato una rincorsa finale a presentare la dichiarazione di chiusura lavori fino entro il 2023. Sulla legittimità delle chiusure presentate, tra l’altro, aleggiano molti dubbi che andranno verificati. Come è possibile un aumento di oltre 40 miliardi di deficit, dichiara il governo, quasi tutti dovuti, a detrazioni da superbonus da settembre a dicembre, a fronte nello stesso periodo di una crescita del pil di qualche decimale? Dove sono andati a finire i soldi spesi?
Un’altra causa della crescita della spesa per bonus edilizi è stata la ripresa delle cessioni dei crediti nella seconda metà dello scorso anno. Per riattivare i crediti incagliati è stato scelto di rendere meno stringente la responsabilità in solido tra chi cede e chi acquista il credito. Nel caso questo sia falso, si limita il concorso nella violazione solo quando c’è dolo o colpa grave.
La funzione della cessione del credito
La cessione del credito serve per far funzionare il superbonus per chi non è capiente o non è liquido. Quando sarà passata la sbornia da superbonus e bisognerà fare qualcosa per le case green va sostituta con un meccanismo di trasferimenti diretti dall’Agenzia delle Entrate all’operatore che fa i lavori dopo che i requisiti di ammissibilità al beneficio sono stati verificati. Questo avviene già oggi tra GSE e gli operatori che fanno i lavori di efficientamento sugli edifici pubblici. I trasferimenti poi devono essere tarati in modo da essere inversamente proporzionali al reddito di chi ne usufruisce.
Il tema politico di non scontentare gli elettori è sempre stato presente in tutti i governi. Accanirsi a proporre deroghe e proroghe, concesse indistintamente a tutti senza limiti di reddito, come hanno fatto alcuni partiti della maggioranza fino a fine 2023 è stato deleterio.
I motivi dell’esplosione della spesa
Sono le deroghe e le modifiche, senza alcun tipo di filtro, ai tentativi di stringere le maglie dell’agevolazione edilizia da parte del centrodestra ad aver mandato fuori controllo la spesa. L’ha fatta esplodere a cavallo tra la fine dello scorso anno e la prima parte di quello in corso.
Il Parlamento è sempre riuscito ad ammorbidire i decreti di tutti i governi che hanno cercato di rallentare il superbonus. Quest’anno evidentemente ci è riuscito di più. Il dipartimento finanza fa le stime di costo. Ragioneria alla fine ha sempre bollinato tutto quello che il governo e il Parlamento chiedeva. Rimane il mistero perché non siano aumentate di molto le stime di costo. Era evidente che la fine della misura era vicina e sarebbe iniziata la rincorsa per sfruttare l’ultimo treno. Forse il desiderio di vedere la fine del tunnel era maggiore del dovere di rappresentare stime di costo così alte. Queste avrebbero dissuaso anche il più volenteroso dei governi dal procedere.
Pubblicato su Il Foglio il 24.04.2024